Il Grande Teatro, rassegna di prosa organizzata dal Comune di Verona nella sala del Teatro Nuovo in collaborazione con il Teatro Stabile del Veneto-Teatro Nazionale, apre all’insegna della contemporaneità, proponendo fino al 13 novembre “Smith & Wesson”, testo di Alessandro Baricco ispirato a un fatto di cronaca risalente al 1901 (la ultrasessantenne Annie Edson Taylor, in cerca di fama e per un po’ di soldi, si gettò dalle Cascate del Niagara rinchiusa in una botte) rivisitato in chiave beckettiana, ma in un’ottica di disperante nichilismo.
I personaggi sono quattro. Smith, metereologo che basa le sue previsioni su statistiche ricavate dai ricordi della gente; Wesson, “pescatore” di corpi dei suicidi che si buttano dalle cascate del Niagara; Rachel, giornalista in cerca di fama attraverso una storia sensazionale vissuta in prima persona, che decide di lanciarsi dalle Cascate in una botte, contando di sopravvivere al tuffo con l’aiuto dei due strani sodali; la signora Higgins – equivalente di una voce fuoricampo, nonostante la presenza in scena – che tira i fili della trama e commenta il senso della storia: metafora di aspirazioni a cambiamenti di vita che naufragano nei vortici delle paure irrisolte.
La tragica storia è portata avanti dai quattro in una dimensione sospesa tra grottesco e surreale, nella moderna colloquialità di un linguaggio crudo e colorito, trovando, sotto la sapiente conduzione di Gabriele Vacis, il giusto equilibrio tra la ruvida irruenza del sanguigno Natalino Balasso (Smith) e il delicato interloquire, dalla leggera inflessione regionale, di Fausto Russo Alesi, lunare, quasi evanescente, Wesson. Ad essi si aggiunge l’incosciente e un po’ cinica determinazione di Camilla Nigro (Rachel) e la corretta professionalità di Mariella Fabbris (la signora Higgins).
La scena è costituita da una claustrofobica gabbia/casa, mobile e versatile, al margine delle continuamente nominate — e mai mostrate – cascate. E’ ideata, insieme con luci e suoni, da Roberto Tarasco e realizzata dal laboratorio del Teatro Stabile di Torino, che produce lo spettacolo insieme con il teatro Stabile del Veneto. I costumi, “poveri”, con cenni di fine ottocento e primi novecento, sono di Federica De Bona.
Calorosa l’accoglienza del folto pubblico, per un inizio di stagione molto promettente.
Franca Barbuggiani