Una Traviata singolare quella presentata al pubblico genovese il 25 maggio 2013, in chiusura della Stagione 2012/2013, spettacolo sorto in coproduzione con l’Opéra di Monte-Carlo per la regia di Jean-Louis Grinda.
Grinda è regista che propone un ‘suo’ modo di intendere il teatro in musica e lo fa non con l’evidenza della provocazione, ma con la stringatezza e l’evidenza del teatro.
La sua analisi dei personaggi e della partitura infatti, fa un uso solo apparente degli ‘attrezzi’ della tradizione, scarnificandoli poi dall’interno soprattutto sotto un profilo prettamente drammaturgico.
Così, durante il Preludio, il sipario si apre su di un interno povero, in cui dominano un muro scrostato ed un soffitto dorato cui il tempo ed il degrado hanno strappato dorature e scintillanti luci, elementi che resteranno intatti, quasi taciti guardiani, in tutti e tre gli Atti pur cambiando posizione e funzione.
Ciò che si offre ai nostri occhi è lo spazio di una casa di appuntamenti, dove una ragazza (Violetta) è sofferente in un letto ed è visitata da un medico che dopo controlla anche le altre ragazze.
La Maitresse domina lo spazio e concettualmente ci passa immediatamente e con pochi gesti l’immagine di una protagonista ben diversa da ciò cui la nostra tradizione teatrale italiana ci ha abituato… : non una donna elegante e leggera, regina dei salotti parigini bensì una prostituta che, pur malata, deve continuare a lavorare.
Basta questo per cambiare il contesto e spostare le coordinate. Ecco allora la festa da Flora nel I e II Atto trasformarsi in un ambiente dominato e creato per l’uomo e le sue voglie ed in cui la figura femminile non esiste, se non per un solo scopo, quello per cui i ricchi signori pagano. L’apparenza è dorata ,certo, ma il gioco è svelato, così come il balletto di zingarelle e matadori perde ogni velatura folkloristica e suggerisce una danza ben diversa di corpi ed intenzioni ( in questo senso molto bella la coreografia di Eugénie Andrin) e la presenza di Alfredo in questo contesto nel I Atto diventa davvero straniante per lui e per Violetta stessa e logica, di conseguenza, la reazione e richiesta di Germont nel II Atto.
Ripeto, tutto in questa regia di Grinda viene solo accennato con cura ed intelligenza, sta poi al singolo spettatore cogliere lo spunto di riflessione offerto e dipanarlo con la propria moderna sensibilità . Come in un grande puzzle occorre osservare con attenzione forme ed incastri per creare un insieme omogeneo ed il regista , che sa giocare assai bene con l’apparenza e la sostanza (la scena XIV del II Atto è chiara in questo, cristallizzando nell’immobilità Violetta dopo l’insulto ricevuto e imprigionando Alfredo in una ragnatela di reazioni esasperate che lo porteranno a reiterare il grave gesto, che vive dello slancio infantile della rabbia, che lo porterà subito dopo a crollare ai piedi di lei in lacrime ) crea un insieme di teatralissima efficacia quanto di moderna e schiacciante attualità.
Dal punto di vista prettamente esecutivo le cose si sono dipanate con professionalità ed equilibrio e non è poca cosa.
Maite Alberola è un soprano dalla vocalità di grande interesse. Dotata di un timbro corposo, morbido e ricco di armonici la brava artista ha complessivamente offerto una buona prova anche se forse il ruolo di Violetta non è il più adatto alla sua vocalità, (nella grande aria del I Atto le agilità non erano precise così come nella complessiva resa del personaggio la caratterizzazione drammatica dello stesso sembrava troppo spesso cedere il passo alla preoccupazione prettamente vocale) più consona a ruoli più prettamente lirici.
Francesco Meli si è confermato artista sensibile e raffinato non solo musicalmente, ma anche sotto il profilo prettamente teatrale . Il suo Alfredo , tratteggiato vocalmente con affascinante nitore timbrico, giusta musicalità e sapiente fraseggio, veniva ben delineato dall’artista anche scenicamente, con una recitazione convincente ed incisiva.
Sobrio nella vocalità e nella recitazione il Germont di Domenico Balzani.
Completavano il cast : Kamelia Kader (Flora), Paola Santucci (una commovente Annina), Enrico Salsi (Gastone), Valdis Jansons (Douphol), Claudio Ottino (d’Obigny), Christian Faravelli (Grenvil), Pasquale Graziano (Giuseppe), Roberto Conti (domestico) e Alessio Bianchini (Commissionario).
Dirigeva l’Orchestra del Carlo Felice con giusta e concisa drammaticità l’attenta bacchetta del M° Fabio Luisi .
Sala gremita ed appalusi da parte del pubblico a tutti gli interpreti ed al Direttore.
Silvia Campana