Ad appena una settimana di distanza dall’ottima prova d’attore fornita da Gabriele Lavia al Nuovo di Verona ne “L’uomo dal fiore in bocca” nell’ambito de “Il grande teatro”, ecco che il Comune scaligero offre nella stessa sede e come settimo appuntamento della stessa rassegna organizzata con il Teatro Stabile del Veneto-Teatro Nazionale, avendo Unicredit come main partner, una ulteriore ottima occasione per godere di un’altra eccellente performance attorale. Protagonista, stavolta, in “Minetti” dello scrittore e drammaturgo austriaco Thomas Bernhard (1931-1989), un grande Eros Pagni, diretto da Marco Sciaccaluga, allestimento del Teatro Stabile di Genova.
Il testo (versione italiana di Umberto Gandini) è considerato tra i classici del Novecento. Disquisisce – peraltro, ci sembra, senza troppa originalità, dato i non pochi illustri esempi filosofici e letterari in materia, e con linguaggio alquanto ripetitivo — sul valore e sulla funzione dell’arte e del teatro nella società, e sul ruolo che in tutto questo può avere l’artista, nello specifico, l’attore. C’è, inoltre, la tematica dell’attesa irrisolta, pure cara a Becket; oltre all’omaggio incondizionato al somma genio di Shakespeare, emblematicamente rappresentato da uno dei suoi massimi capolavori, il “King Lear”; senza tralasciare il tema della maschera, strumento principe teatrale/attorale fin dall’antichità e, in chiave metaforica, tanto amata pure dal nostro Pirandello. Il tutto omaggiando l’attore Bernhard Minetti (1905-1998), considerato il più grande nella Germania del secondo dopoguerra, al quale viene titolato il dramma. Il sottotitolo, “Ritratto di un artista da vecchio”, predispone, inoltre, alla lunga “tirata” del protagonista in chiave di monologo (pochissime le battute riservate ad altri interpreti: una donna grassa che ride e beve, e una ragazzina che pensa al fidanzatino e alla musica più trendy del momento).
Se il testo non ci ha convinti a gridare al capolavoro, a maggior ragione va il nostro plauso incondizionato a Eros Pagni, elemento pregnante dello spettacolo. Non che anche Marco Sciaccaluga non ci metta del suo, per esempio, avvalendosi al meglio della scena girevole, componibile e scomponibile, di Catherine Rankl (alla quale si devono anche i colorati e carnevaleschi costumi), con il contributo delle luci di Alessandro Sussi e delle musiche di atmosfera di Andrea Nicolini, riuscendo a conferire dinamicità e buon ritmo a una situazione di fatto statica.
La hall di un hotel si trasforma in palcoscenico personale per l’attore Minetti, mentre il pubblico è rappresentato dagli addetti ai servizi e dalle due ospiti occasionali nel chiassoso e arruffato coro di una schiera di maschere grottesche: i “forzati” del divertimento a tutti i costi, specie nelle feste comandate come la notte di San Silvestro. Vuoti gusci senz’anima e senza cervello che il povero Minetti ha cercato di risvegliare, provocandoli con la sua arte, per tutta la vita.
Applausi calorosi.
Franca Barbuggiani