“GUANTANAMOUR” A VILLA WASSERMANN. RECENSIONE

Ultima battuta, ultima azione, buio. E un senso di soddisfazione mi ha raggiunto, per questo lavoro non viziato dai dictat formali imposti da certa tendenza teatrale contemporanea, divenuta, in alcuni casi, un cliché. Un teatro autentico, sincero, quello di Viento Sur Teatro di Siviglia che il 13 Settembre scorso ha presentato Guantanamour, all’interno del cartellone “Amore…Follia” al Teatro Wassermann di Giavera del Montello (TV).

Guantanamour è la proposta di teatro contemporaneo del regista Jorge Cuadrelli che ha presentato una regia matura, non retorica, una messa in scena essenziale ma piena, dirigendo con ritmica serrata l’alternarsi del vissuto di tre soldati dell’esercito nord americano a Guantanamo.
Guantanamo vista dall’altra parte, dalla parte di tre giovani marines che aspettano una telefonata per eseguire un ordine, l’attesa del nemico, e nell’attesa si alleano, si annoiano, sognano, pensano, e ricordano. A Guantanamo hanno imparato ad uccidere, a torturare, toccando il limite della condizione umana, aguzzini e vittime di una logica che altera la percezione, che annienta gioventù e innocenza. Crocefissi tra guerra e amore.
Lo scoppio dei valori e il caos percettivo prendono corpo nella struttura frammentata e nella bella drammaturgia di frammentazione. Destrutturazione che alterna evocazioni, immaginazione, reale, poesia, ossessione, ricordi e gioco.

Il testo bellissimo, dal tratto schietto e determinato, accende le luci sulla relatività del nostro punto di vista e richiama gli spazi della pietas. Occasione per riflettere, ci riguarda tutti, sul comportamento umano posto al limite.

Bravi i tre giovanissimi attori che col corpo e la voce hanno sostenuto senza sbavature il testo e le azioni nei serrati passaggi emotivi, anche nei più improvvisi dal dramma alla comicità.
Guantanamour – dice Juan Cuadrelli – è un’opera drammatica per i tempi attuali, per questo ventunesimo secolo, pensata in particolare per i giovani amici-nemici presenti e futuri.
Drammaturgia: Juan Cuadrelli. Interpreti: Fernando Moreno, Eduardo Bulnes, Nahuel Cuadrelli. Luci e audio : Manuel Chavez. Regia : Juan Cuadrelli. Produzione : Maite Lozano -Viento Sur Teatro.

Ketty Adenzato

VIENTO SUR TEATRO

Viento sur Teatro, insediato a Siviglia dal 1994, ma nato a Milano nel 1992, è un Progetto culturale che include una scuola di Teatro e una Compagnia. Gli spettacoli prodotti dalla Compagnia, di diverso genere, che si rifanno al teatro di ricerca, si occupano di tematiche sociali come l’AIDS o le droghe e si indirizzano in particolar modo ai giovani, come in questo caso lo spettacolo Guantanamour, in cui i tre giovani protagonisti si trovano a fare i conti con i propri valori e la propria cultura.

Dice il regista e autore Cuadrelli di Gantanamour:

… il teatro e i ricordi dell’infanzia si mescolano con le ossessioni della guerra, esperienza che ognuno di noi potrebbe vivere in una situazione simile. Abituati come siamo a guardare in televisione la cronaca delle guerre,non vediamo quasi mai cosa c’è dietro ovvero la limitata umanità.”

Mi piacerebbe fermarmi a lungo con Cuadrelli, soprattutto per la consapevolezza di essere di fronte ad un autorevole testimone di un pezzo di storia di teatro di ricerca che ha segnato in Italia ( e non solo) una svolta radicale. Ma mi rendo conto che è pressochè impossibile ripercorrere in breve tempo gli anni di “ Comuna Baires” di cui Cuadrelli è stato interprete. Comuna Baires: fucina preziosa di ricerca teatrale, laboratorio permanente in cui vita e teatro per anni si sono fusi insieme, senza soluzione di continuità : esempio estremo del teatro di ricerca al quale molti hanno a quel tempo guardato e della cui testimonianza esistono due pubblicazioni a raccontare.

Chiedo solo a Cuadrelli se si può dire, oggi, che gli ex attori di Comuna Baires continuino la propria opera nei diversi stati europei ( ma non solo, visto che Cesar Brie, uno dei testimoni, oggi in Italia presente cone le proprie produzioni, ha fondato in Bolivia la Compagnia “Los Andes”).

Mi dice di si, che con molti è ancora in contatto e che li sente fratelli. Parliamo del lavoro recente di Brie “ Karamazov” presentato l’anno scorso al Festival Internazionale di Teatro di piazza di Sant’Arcangelo di Romagna. Mi chiede lui stavolta se rintraccio delle radici comuni nella modalità di lavoro.Non posso che riconoscere l’intensità drammatica fisica che li accomuna, il lavoro profondo centrato sul corpo, quale radice comune. Ma in seguito la domanda mi fa riflettere, perchè quando si lavora con il corpo degli attori, un corpo tutt’uno con la mente, non si può prescindere dalla cultura di quel corpo, dall’espressione dei valori mutati di quella cultura ,che vanno inevitabilmente ad interagire con il linguaggio attoriale. Si può dire oggi che sia rimasto il valore di quel linguaggio, una metodologia che incide sulla preparazione attoriale e che determina la differenza nel risultato dell’opera. Ma si può dire che sia possibile recuperare in toto quel tipo di esperienza, o essa è rimasta intatta solo nell’animo di chi l’ha all’epoca vissuta? Quanto cioè un linguaggio, viscerale come quello, di quella qualità teatrale, può essere “esportabile”, attualizzabile, indipendentemente dalla matrice culturale che l’ha generato?

Emanuela Dal Pozzo


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