Mantiene inalterato il suo fascino la produzione di “Turandot” che Giuliano Montaldo creó, inserendola in una Cina atavica e leggendaria, per il teatro Carlo Felice di Genova nel 1993, a causa di quello stretto legame che unisce indissolubilmente la storia delle grandi civiltà ai suoi miti. Veicolata da Gozzi la favola della gelida principessa si svolge infatti entro una cornice dai contorni corruschi e violenti e, forse con qualche manierismo eccessivo, l’allestimento mantiene, anche grazie ai bellissimi costumi ( autentiche armature emotive ) di Elisabetta Bocciardo, una sua sostanziale efficacia narrativa pur logorata, nel suo concetto più profondo, dalle numerose riprese che spesso intaccano, con il tempo, anche la più rigorosa chiave di lettura originaria.
La principessa Turandot, tratteggiata dal soprano Norma Fantini, risultava fin troppo raffinata quanto definita attraverso una vocalità morbida e calda ,spesso decisamente in contrasto con le aspre puntature drammatiche previste da Puccini. Il ‘carattere’ emergeva dunque quale prodotto di un’attenta professionalità che, assai ben dosata, affrontava le insidie della partitura con oculata compostezza ma, pur ben caratterizzata nel fraseggio, non trovava nella vocalità dell’artista lo strumento ideale per emergere nella sua completezza.
Non mancavano certo timbro interessante e sicuro al tenore Rudy Park , impegnato nel ruolo di Calaf, quanto una certa omogeneità nell’emissione che lo portava ad una prestazione poco omogenea e scarsamente concentrata sulla parola.
Serena Gamberoni, impegnata nel ruolo di Liù, assoggettando la sua peculiarità timbrica al fraseggio ed all’espressività, colpiva ed emozionava, soprattutto per la sua misura teatrale.
Scialbo e monocorde il Timur tratteggiato a fatica dal basso Mihailo Sljivic ed altrettanto slegate e prive di carattere le tre maschere Ping ( Vincenzo Taormina) , Pong ( Marcello Nardis) e Pang ( Blagoj Nacoski).
Il direttore artistico Giuseppe Acquaviva, alla guida dell’Orchestra del Carlo Felice di Genova, non andava oltre una composta ( e spesso ridondante) lettura della partitura.
Completavano il cast gli ottimi Alessio Cacciamani (un mandarino) e Max Renè Cosotti (Altoum) mentre Giampiero de Paoli offriva una morte decorosa al suo Principe di Persia.
Sala gremitissima e pubblico entusiasta per questa matinée di “Turandot” che, puntando su di una fascinazione mitica ed antica, non finisce mai di colpire appassionati di ogni età .
Genova, 18/06/2017
Silvia Campana