Salito alla ribalta nel 2014 grazie al premio della Giuria vinto a Cannes nella sezione “Un certain reguard”, con “Forza maggiore” il regista svedese Ruben Ostlund affrontava il tema dell’egoismo, della responsabilità e del senso di colpa, raccontando di un marito e padre che, in vacanza con la famiglia sulle Alpi francesi, all’arrivo di una valanga mentre mangiano sulla terrazza dell’albergo, si disinteressa totalmente di moglie e figli pensando solo a mettere in salvo sé stesso. La valanga poi si arresterà senza provocare disastri, ma i contraccolpi psicologici cambieranno profondamente non sono le dinamiche familiari ma anche la percezione di sé del protagonista.
Ora Ostlund torna a Cannes nel concorso ufficiale con “The Square” e si porta a casa una meritata Palma d’Oro con un’opera dalla struttura assai più complessa, difficile da inquadrare, in cui la satira è elemento essenziale (un po’ com’è stato a Venezia nel 2O14 per il suo connazionale Roy Andersson che vinse il Leone d’Oro con “Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza”) nella quale i temi sono però gli stessi, filtrati attraverso il paradosso dell’arte moderna e l’ipocrisia che facilmente vi si cela dietro.
Christian (un bravissimo Claes Bang) è il curatore del Museo Reale di Stoccolma, dedicato appunto all’arte moderna e “The Square” l’ultima istallazione che il Museo sta predisponendo: un quadrato, simbolo di solidarietà e altruismo, “un santuario di fiducia e amore” al di fuori del quale c’è la giungla moderna, ma dentro il quale tutti hanno davvero gli stessi diritti e gli stessi doveri. Ma per accedervi bisogna fare una scelta preliminare e prendere il corridoio giusto rispondendo ad una domanda che è sostanziale per l’approccio stesso all’esistenza che le persone decidono di vivere. Un approccio che passa per la fiducia nella gente, così “I trust people” or “i mitrust people” diventa il nuovo amletico interrogativo che Ostlund pone alla base del suo film. E Christian un nuovo, incosciente, Amleto, diviso fra l’atteggiamento da tenere come detentore/dispensatore di cultura e le miserie umane di un mediocre rappresentante di una nuova borghesia illuminata, ipocrita come l’arte che “spaccia” ma che è incapace di spiegare.
Nell’articolato plot di Ostlund le vicende personali di Christian, quelle innescate da una piccola truffa che subisce per strada scatenando la sua parte peggiore, e quella che deriva dalla relazione intrapresa con la giornalista che lo intervista nel prologo, si intersecano con l’attività del museo, baricentro del racconto, aprendo una serie infinita di temi che riguardano l’arte ma soprattutto la vita. Tra forma e sostanza, tra essere e apparire, tra “politicamente corretto” e istanze ancestrali, tra concetti profondi e sconvolgenti modalità di comunicarli.
E senza tralasciare un aspetto tecnico da grande cinema (la fotografia di Fredrik Wenzel è straordinaria e la scenografia di Josefin Åsberg le offre un mirabile supporto), Ostlund inserisce una serie di sequenze da cineteca: dall’intervista iniziale, alla scena del preservativo, e comunque tutti i duetti di Claes Bang con l’esilarante Elisabeth Moss. Dall’intervento del malato di Tourette che disturba la presentazione dell’artista di grido, ben reso nel cameo di Dominic West, alla straordinaria performance di Oleg/Terry Notary (già interprete dello scimpanzé Rocket nella recente serie “Il pianeta delle scimmie”), scimmia umana che irrompe nella cena di gala innescando le paure ancestrali della “giungla” in cui viviamo.
Novembre, 14, 2017
Dino Geromel
THE SQUARE
Regia : Ruben Ostlund
Sceneggiatura : Ruben Ostlund
Fotografia : Fredrick Wenzel
Montaggio : Jacob Secher Schulsinger
Scenografia : Josefin Åsberg
Cast : Claes Bang, Elisabeth Moss, Dominic West, Terry Notary, Christopher Laesso, Annica Liljeblad