A volte il pacifismo rischia di portare più danni della guerra stessa, specie se l’opzione è “trattare con una tigre avendo la testa dentro la sua bocca”. Per questo, col senno di poi, bene fece Winston Churchill a non cedere alle sirene Chamberlain e Lord Halifax, che volevano aprire nuove trattative con Hitler, dopo il fallimentare accordo di Monaco del 1938, nel velleitario tentativo di salvare la Gran Bretagna delle mire espansionistiche del Terzo Reich.
È il 1940, tutto l’esercito inglese è intrappolato sulla spiaggia di Dunkerque. I tedeschi, dopo aver occupato la Polonia e la Cecoslovacchia, hanno invaso l’Olanda, il Belgio e stanno occupando la Francia. Chamberlain, ritenuto personalmente responsabile dell’impreparazione della Gran Bretagna e incapace di dirigere il Paese in tempo di guerra è stato costretto alle dimissioni. La necessità di una grande coalizione a guida conservatrice apre di nuovo le porte del numero 10 di Downing Street a Winston Churchill, l’unico che può essere accettato dall’opposizione laburista, nonostante alle sue spalle sembrino pesare solo una serie infinita di catastrofi, prima fra tutte il disastro di Gallipoli durante la prima guerra mondiale.
Il freddo incontro con Re Giorgio a Buckingham Palace avviene mentre la BBC annuncia l’invasione di Belgio e Olanda. Davanti al nuovo Primo Ministro si apre “un compito enorme, nella speranza che non sia troppo tardi. Nella speranza “di non mandare tutto a puttane”.
“Sangue, fatica, lacrime e sudore” è quello che promette in Parlamento, tra gli applausi dell’opposizione e il silenzio dai banchi del suo partito, dove si aspetta un ordine di Chamberlain: quell’agitarsi del suo fazzoletto che per ora non verrà.
Un attore innamorato del suono della propria voce, un ubriacone, uno che mentì spudoratamente agli inglesi nei suoi discorsi alla radio, sulla reale situazione in Francia e sull’andamento della guerra. Ma anche l’uomo che ne’ “L’ora più buia” ridiede speranza alla Gran Bretagna e all’Europa. Winston Churchill, nel bene e nel male, uno dei più importanti statisti del Novecento.
È tutto concentrato su di lui e sulla grande interpretazione di Gary Oldman il nuovo film di Joe Wright, il regista inglese che aveva fin qui diretto le sue cose migliori adattando grandi opere letterarie, da “Orgoglio e Pregiudizio” di Jane Austen, ad una modernissima “Anna Karenina” di Tolstoj, passando per “Espiazione” di McEwan, che cominciava proprio con le drammatiche riprese di Dunkerque, rese quest’anno memorabili da Christopher Nolan.
Anche ne’ “L’ora più buia” l’evacuazione di Dunkerque è centrale nello svolgersi degli avvenimenti, ma qui i combattimenti non si vedono. Con la luce quasi naturale di Bruno Delbonnel, e la martellante colonna sonora di Dario Marianelli, Wright gioca in spazi angusti. Quelli del Parlamento inglese. Nei sotteranei del Gabinetto di Guerra. Nella camera dove Churchill, già di prima mattina, mentre fa colazione a letto col sigaro fra le labbra e il bicchiere di liquore già bello abbondante, detta col suo borbottio telegrammi e discorsi alla sua dattilografa, la signorina Layton di Lily James, un personaggio che ricorda molto la Traud Junge de’ “La caduta”.
Spazio angusto anche quello della scena clou del film, quando per la prima volta Churchill affronta direttamente il popolo inglese e la metropolitana, in cerca di conferma e ispirazione, prima di affrontare il Governo e il Parlamento per una delle decisioni più importanti della storia dell’Europa.
E qui entra in campo “la retorica” che Wright usa come coprotagonista del suo film e che in questa scena ha il suo apice. Non semplicemente un peccato veniale ma piuttosto una precisa scelta di regia nella quale la retorica diventa un tutt’uno col suo protagonista che “mobilita la lingua inglese e la spedisce in battaglia”.
E qui torniamo a Gary Oldman che assume letteralmente le sembianze del suo personaggio, non solo con ore di make-up assolutamente credibile, ma soprattutto con un lavoro sulla pronuncia che merita la visione in lingua originale, anche se il doppiaggio del nostro Stefano de Sando è ineccepibile.
Dopo il meritatissimo Golden Globe, Gary Oldman si candida decisamente a quell’Oscar che già meritava nel 2012 per il George Smiley de’ “La talpa”.
Accanto a lui Kristin Scott Thomas è la moglie di Churchill Clementine, in un ruolo che permette di apprezzare il lato tenero dello statista. Ben Mendelsohn, Ronald Pickup e Stephen Dillane sono, nell’ordine, Giorgio VI, Chamberlain e Halifax, un cast tutto rigorosamente britannico che rende percepibile il difficile clima politico in cui Chuchill si mosse: l’ora più buia del Novecento per la democrazia europea.
Dino Geromel
L’ORA PIU’ BUIA
Regia : Joe Wright
Sceneggiatura : Anthony McCarten
Fotografia: Bruno Delbonnel
Montaggio: Valerio Bonelli
Colonna sonora: Dario Marianelli
Cast : Gary Oldman, Kristin Scott Thomas, Lily James, Ben Mendelsohn, Ronald Pickup, Stephen Dillane