ONORATA SOCIETA’. IL VAJIONT DOPO IL VAJONT

Impegnativo il lavoro di Patricia Zanco nello spettacolo “Onorata società. Il Vajont dopo il Vajont” in scena al Teatro Astra di Vicenza il 18 gennaio 2014, sia sotto il profilo fisico che sul versante interpretativo attoriale, con il peso aggiunto di un esempio eccellente come quello di Marco Paolini, che si è cimentato sullo stesso tema con larghi consensi. A concorrere al confronto ci si mette anche il testo di Niccolini, lo stesso autore dello spettacolo di Paolini. La sfida c’è, anche se l’attrice celebra con lo spettacolo la memoria della tragedia a cinquant’anni di distanza e abilmente sposta l’attenzione ai giorni nostri, rintracciando quelle complicità ed omertà che, perdurando nel tempo, costituiscono “l’onorata società”. Nulla sembra cambiato da allora e i colpevoli impuniti mantengono lo stesso potere di allora, occupando posizioni strategiche in ambito politico ed economico. Né mancano allusioni al terremoto più recente dell’Aquila con gli scandali conseguenti.

Ma aldilà dei contenuti il pregio maggiore dello spettacolo sta tanto nell’energia indistruttibile della protagonista, capace di tenere il palcoscenico per più di un’ora e mezza senza cedimenti, tanto e soprattutto per la scelta registica di entrare nelle maglie della narrazione con inserti e contaminazioni di indubbio fascino: dall’Amleto di Shakespeare a Cabaret di Vincent Minnelli, restituendo un linguaggio teatrale ad un contenuto che si presenterebbe più documentaristico. Brava l’attrice nel dare corpo e voce ai diversi personaggi reali citati: un’abilità questa che già conosciamo di Patricia, che, oltre alla capacità interpretativa ricca nella gestualità e curata nella postura nella delineazione dei personaggi, forte di una scuola di “teatro fisico”, si distingue per la grande duttilità ed allenamento vocale. ( Poche attrici oggi sono da questo punto di vista altrettanto capaci.) Suggestive anche le immagini: sia gli articoli dei giornali dell’epoca che scorrono sullo sfondo, sia quelle evocate in palcoscenico, capaci di ridipingere la tragedia, a tratti con ironia, a tratti con drammaticità, altro pregio della regia dello spettacolo, a firma di Daniela Mattiuzzi, che alleggerisce un contenuto importante senza svilirlo.

Uno spettacolo nel complesso trascinante e fecondo di successive rielaborazioni, con brillanti intuizioni e che ci piacerebbe ancor più ricco di movimento e di colore ( cioè più teatrale), a spezzare quel taglio giornalistico, peraltro giustificato, dal personaggio di Tina Merlin, giornalista più volte citata, quale voce caparbia ed ostinata di denuncia dei pericoli per la popolazione derivanti dalla diga del Vajont e per questo all’epoca accusata di turbamento dell’ordine pubblico e dall’avvocato Sandro Canestrini, altra voce a difesa della verità e della dignità della vita.

Gli applausi di un pubblico attentissimo hanno accompagnato tutto lo spettacolo, sciogliendosi in un finale interminabile, apprezzamento corale tanto per i contenuti di denuncia, ( la gente è stanca di subire inconsapevole) quanto per la bravura della protagonista.

Emanuela Dal Pozzo

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