Un’operazione interessante e indiscutibilmente culturale quella ideata da Andrea Brunello, direttore artistico della Compagnia teatrale Arditodesìo, che utlizzando la propria duplice competenza: di esperto in fisica e di attore navigato, aveva pensato l’anno scorso di avviare un progetto in collaborazione con il Laboratorio di Comunicazione delle Scienze Fisiche del Dipartimento di Fisica dell’Università degli Studi di Trento per avvicinare più persone possibili alla scienza in modo artistico/teatrale.
Così nasce il progetto Jet Propulsion Theatre della Compagnia Arditodesìo che, in collaborazione con l‘Università di Fisica, il teatro Portland e l’Opera Universitaria di Trento che mette a disposizione il Teatro Sanbàpolis, sufficientemente capiente da accogliere un considerevole numero di spettatori, propone anche quest’anno per la seconda volta il Festival Teatro della Meraviglia. Una panoramica di temi attuali e indagati dalla scienza, con incursioni filosofiche e letterarie: dalla meccanica quantistica, alle teorie della relatività, dai ragionamenti sullo scorrere del tempo alle indagini sull’universo, dall’intelligenza umana a quella artificiale, per arrivare in forma ludico teatrale fino alle teorie più sofisticate e paradossali, oggetto di studio filosofico e scientifico.
Spettacoli e Augmented lectures ( lezioni divulgative aumentate dalla presenza di un artista in scena oltre allo scienziato) che, dice Brunello “hanno l’obiettivo ambizioso di favorire la conoscenza, di appassionare, coinvolgere e comunicare il mondo della scienza con linguaggi accattivanti e coinvolgenti”.
In sintesi ci sembra questo un Festival giocato sui confini: tra teatro e scienza, arte e cultura, vita e scienza, tra il mondo del conosciuto e il mondo del possibile, tra il finito e l’infinito, che ha il merito, nella frequente superficialità che ci attornia, di celebrare l’intelligenza e le sue possibilità, di indicare strade poco percorse ma certamente molto più feconde in una prospettiva di evoluzione umana individuale e sociale.
La scommessa si gioca tutta sulle capacità comunicative di questa proposta, capace di abbracciare, incuriosire, coinvolgere spettatori non addetti alle tematiche affrontate. Si gioca cioè lungo quel confine teatro/scienza o attore/scienziato che trasforma i contenuti pregnanti veicolati in postulati comprensibili, accattivanti, invitanti alla riflessione personale anche per chi non ha scelto quell’ambito di studi o non ne è già coinvolto( molti spettacoli sono rivolti agli studenti delle scuole in matinée).
Noi siamo stati presenti quest’anno allo spettacolo di domenica 25 febbraio 2018 “Noi Robot. Cosa vuol dire essere umano?”, della Compagnia Arditodesìo- Teatro Portland, un’indagine sulle possibilità comunicative tra umani e robot e sulla loro possibile interazione sentimentale. Uno spettacolo giocato sul filo dell’ironia e del mistero, interpretato da Andrea Brunello e Laura Anzani in modo convincente, che ci è parso più attento a veicolare la complessità del messaggio, anche al prezzo di appesantirne la performance privilegiando la comunicazione verbale- ma non sono mancati interventi scherzosi e multimediali- piuttosto che banalizzarla con concessioni ammiccanti.
Ci sembra però che l’elemento caratterizzante e qualificante che attraversa un po’ tutti gli spettacoli visti della Compagnia Arditodesìo legati al mondo della scienza sia quello di non dimenticare mai l’umanità insita nell’uomo, il suo desiderio di esplorazione, le sue motivazioni interiori o i conflitti che traspaiono nell’umanità dei personaggi caratterizzati.
Seguito con interesse da un folto pubblico eterogeneo, prevalentemente di giovani.
Emanuela Dal Pozzo