THANKS FOR VASELINA AL TEATRO AURORA DI MARGHERA. RECENSIONE

Una madre in cura dipendente dalle slot machine, un marito persosi molti anni prima in cerca di funghi allucinogeni, ora manipolato da una setta religiosa e per giunta trans, un figlio che utilizza cani per l’esportazione di droga in Sudamerica, un complice che combatte a modo proprio le multinazionali e che si interroga sulla catena alimentare uccidendo polli per evitarne la vendita, un’obesa complessata in cerca di attenzioni che intrattiene giochi erotici con il fratello minorenne disabile….: questo il quadro in cui si evolve ( ma è evidente che l’evoluzione è solo apparente) lo spettacolo “Thanks for Vaselina” della Compagnia Carrozzeria Orfeo, in scena al Teatro Aurora di Marghera il 9 febbraio 2014.

Lo spettacolo, coproduzione della Fondazione Pontedera Teatro, in collaborazione con La Corte Ospitale, Festival Internazionale Castel dei Mondi di Andria, è stato insignito del Last Seen 2013 del KLP come miglior spettacolo dell’anno 2013.

La scena è sempre la stessa, una sorta di sala da pranzo che imprigiona i personaggi, a sottolineare l’immutabilità delle cose. Cambiano quando necessario solo le luci, a ritagliare angoli individuali più intimisti.

Va da sé che il linguaggio di questo testo, a firma di Gabriele Di Luca, coregista dell’opera insieme a Massimiliano Setti e Beatrice Schiros, è altrettanto colorito quanto lo scenario rappresentato, costellato di imprecazioni, parolacce e immagini blasfeme, a restituzione di un mondo disperato, che non crede più nemmeno alla capacità di riscatto, nonostante un ultimo barlume di speranza nel finale, né ci si potrebbe aspettare diversamente, anche se lo stesso mondo si dimostra permeato di una “cultura alternativa”, con tratti auto ironici soprattutto nell’empatica figura della madre: specchio di una società ai margini viva e vivace.

Eppure, nonostante la buona caratterizzazione dei personaggi, la più che convincente interpretazione degli attori: Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti, Beatrice Schiros, Alessandro Tedeschi e Francesca Turrini, la logicità di un testo serrato che si dimostra ampiamente collaudato anche nei ritmi, lo spettacolo non ci convince del tutto, o meglio, non riesce a mostrarsi “nuovo”.

Le entrate e le uscite e i dialoghi tra i personaggi ci ricordano le tipiche commedie all’italiana-cambia certo il contenuto e al gioco degli equivoci di coppia si sostituiscono le atipiche relazioni familiari- ma la sostanza strutturale non cambia.

Manca quella forza dirompente che implicitamente sarebbe potuta scaturire dall’animo dei personaggi e nei loro inediti modi di affrontare la vita, anche in assenza di precise traiettorie individuate, manca quel colore intimista che ci permette di guardare attraverso.

Così lo spettacolo si appiattisce. I personaggi ricchi in potenza di drammaticità e di autenticità, rischiano di trasformarsi a tratti in “macchiette”: il pubblico ride più facilmente alle ammiccanti battute facili e scontate, che alle riflessioni ironiche ed autoironiche dei personaggi, possibili chiavi di lettura dello spettacolo. Peccato. Il testo è ben scritto ed apprezzabile la volontà di dipingere il presente in uno spaccato di vita realistico, anche se qui appare in un concentrato improbabile: una miscela che, invece che diventare esplosiva, suscita ilarità. Presi singolarmente i personaggi sono credibili. Ciò che a nostro avviso manca è l’approfondimento di quel dialogo interiore che avrebbe potuto dare senso al tutto.

In sostanza, pur nel disincanto voluto, ci sarebbe piaciuto trovare un momento di leggerezza per volare e un momento di forza per immergerci, un complessivo maggiore spessore, a fotografare una realtà in questo caso edulcorata da troppe facili concessioni.

A nostro avviso lo spettacolo, così com’è, rappresenta un ottimo punto di partenza, più che un punto di arrivo.

Emanuela Dal Pozzo

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