Nonostante lo storico legame di Wolfgang Amadeus Mozart con la città di Verona e la sua Accademia Filarmonica, “Le nozze di Figaro”, uno dei più celebri capolavori del Salisburghese, sono state rappresentate soltanto tre volte nel teatro del Bibiena (stagioni 1979, 1994 e 2006).
Ora, a distanza di 12 anni dall’ultima, vi vengono riproposte (31 marzo-8 aprile) nel tradizionale elegante allestimento del Teatro San Carlo di Napoli con la regia di Mario Martone (ripresa da Raffaele Di Florio).
Le scene, di Sergio Tramonti, sono essenziali – doppia rampa di scale per una lineare passeggiata/terrazza/belvedere a sfondo di una lunga tavola che ospiterà il banchetto finale — inclini più al minimalismo che alla monumentalità: ottime per focalizzare l’attenzione sulla vitale dinamica della regia, l’apporto delle voci e il suono dell’orchestra. Quest’ultima calata tra due praticabili che inglobano così, in un unico spazio, palcoscenico, golfo mistico e platea fino a ogni varco di uscita e di accesso.
E’ un teatro di “provocazione” gioioso e affettuoso, ammiccante e amicale. Nel quale i cantanti esprimono le loro qualità, anche sceniche e attorali, con disinvoltura e credibilità: omaggio a una umanità senza tempo, ben calata nel suo tempo; complici anche i tradizionali costumi d’epoca di Ursula Patzak, le delicate coreografie “gitane” di Anna Redi e le luci di Pasquale Mari (riprese da Fiammetta Baldiserri).
Sesto Quatrini (tra i protagonisti, inoltre, della attuale stagione sinfonica della Fondazione) ha concertato e diretto con attenta cura filologica, calibrato vitalismo e grande sensibilità timbrica l’Orchestra della Fondazione dal suono accattivante e smaltato, con Maria Cristina Orsolato puntuale al cembalo, e il Coro dell’Arena validamente preparato da Vito Lombardi, bene armonizzando, anche nei volumi, voci e golfo mistico.
Di apprezzabile livello, inoltre, la compagnia di canto. Dal Conte di Almaviva, pregevolmente delineato nelle sue varie sfumature da Christian Senn, alla altera e algida Contessa di Francesca Sassu, voce dal timbro particolare e interessante, ma dovrebbe curare meglio l’intonazione; dalla scanzonata adolescenziale vivacità del Cherubino (non sempre vocalmente impeccabile) di Aya Wakizono en travesti, alla spigliata Susanna di Ekaterina Bakanova, dalla raffinata linea di canto; alla simpatica accoppiata Francesca Paola Geretto (Marcellina)-Bruno Praticò (Bartolo), precisi nei recitativi, con qualche problema nell’aria del IV atto per la Geretto; al Figaro di Gabriele Sagona, canto irreprensibile, generica la resa del personaggio.
A posto tutti gli altri, efficacemente calati nei rispettivi ruoli (Bruno Lazzaretti, Paolo Antognetti, Lara Lagni, Dario Giorgelè) e pubblico entusiasta senza inopportuni eccessi.
Visto il 5 aprile.
Franca Barbuggiani