INCOMUNICABILITA’
Urla nel vuoto
segnali non visti
lettere mai lette.
In un’epoca in cui tutto sembra inutile
e dove rimaniamo inascoltati di fronte a urgenze e disagi,
il linguaggio dell’arte sembra
l’unico ancora udibile.
Un Festival di strada di buon livello, sul tema dell’incomunicabilità, quello che si è svolto tra le vie e le piazze di Caorle dal 7 al 9 settembre 2012, non solo per la presenza di compagnie internazionali che hanno allargato la panoramica di proposte e di linguaggi, ma anche per la qualità degli spettacoli, alcuni dei quali spiccavano per l’altissimo livello tecnico, altri per l’originalità.
Una grande soddisfazione anche per gli artisti che si esibivano, con un pubblico esorbitante che a fatica trovava spazio e si accalcava nelle strette vie o affollava le piazze: un’invasione di turisti più da ferragosto che da inizi settembre.
Queste le presenze che hanno replicato gli spettacoli in luoghi ed orari diversi nel corso delle tre giornate, per permetterne a tutti la visione: OTTO IL BASSOTTO , ROBERTO PANSARDI e I 4 ELEMENTI per la clownerie,( Italia) FIRE FINGERS per il fuoco, ( Israele) il COLLETTIVO ORKESTRADA CIRCUS per la musica di strada, ( Italia) BARABAO TEATRO per il teatro, (Italia) EDEN IRONIQUE per l’acrobatica, ( Italia) DOLLY BOMBA per il trasformismo (Italia), KAROL HROVATIN per la giocoleria ( Italia) , COMPAGNIA DROMOSOFISTA per il teatro di figura ( Italia- Argentina), COMPAGNIE ETINCELLE ( Francia) e CIRCO PITANGA (Austria- Israele) per il circo teatro.
Un festival di buon livello, nonostante un “tono minore” rispetto a quello recente di Latisana, non per la qualità artistica delle proposte, piuttosto per una minore complessità scenografica.
Tranne qualche eccezione, qui a Caorle gli artisti non potevano contare su scenografie strutturate e di forte impatto visivo e gli spettacoli si reggevano tutti sulle capacità degli attori, in grado di “restituire” al curioso pubblico in professionalità e bravura.
La ragione di ciò è presto spiegata dal direttore artistico Marco Caldiron, direttore artistico e regista anche della Compagnia Carichi Sospesi che ha organizzato il Festival, che gentilmente mi ha rilasciato la seguente intervista.
INTERVISTA AL DIRETTORE ARTISTICO DEL FESTIVAL MARCO CALDIRON
C’è un filo conduttore o una tematica che distingue questo Festival?
Si. In realtà il titolo” Incomunicabilità” è una provocazione nei confronti della politica in generale e verso le istituzioni pubbliche in particolare, una sollecitazione contro i tagli alla cultura, che, negli anni, ha portato questo Festival di strada, alla sua XVII Edizione, da budget di 90.000 euro di anni fa, fino ai 20.000 di oggi, cifra davvero esigua per un festival articolato su tre giornate.
Per garantirlo quest’anno abbiamo dovuto contare su amicizie con artisti e compagnie di lunga data che hanno accettato cifre contenute e abbiamo puntato più sulla pienezza di spettacoli del venerdì e del sabato,con una domenica meno ricca e variegata.
Un’incomunicabilità in sostanza tra il mondo dell’arte e quello delle istituzioni, che sembrano non comprendere il suo linguaggio.
Poi sul piano delle scelte artistiche invece direi che si chiama Festival “in strada” e non “di strada” perchè il mio intento è anche quello di portare in strada il teatro, quello dei teatri.
Siete in contatto o collaborate con altri Festival?
In 17 anni di attività ovviamente molti sono i contatti che si sono consolidati. Tra l’altro abbiamo organizzato sempre quest’anno a Roana, vicino ad Asiago, la 2^ Edizione del Cucufestival, sempre di strada e siamo in contatto e in collaborazione con quello di Spilimbergo, di Pedavena e di Fermo.
Come è cambiato nel corso degli anni il teatro di strada?
E’ molto cambiato. Una volta gli artisti di strada erano meno, gli spettacoli non erano strutturati, non avevano scenografie né gli impianti oggi necessari per esibizioni acrobatiche, si avvalevano di gag e dell’improvvisazione con il pubblico. Il linguaggio era semplice e immediato, essenzialmente centrato sulla clownerie. Ovviamente poteva risultare noioso o ripetitivo. Oggi invece ha preso il sopravvento più il circo teatro, che unisce l’arte circense con il linguaggio teatrale. Emblematico esempio di fusione di questi due linguaggi è lo spettacolo “Sogni d’estate” del Circo Pitanga, presente in questo Festival.
Ci terrei a sottolineare che noi, come direzione artistica, cerchiamo di accompagnare gli artisti invitati in ogni momento. C’è sempre qualcuno di noi che li aiuta a predisporre i luoghi, sorveglia sulle difficoltà o eventuali problemi tecnici che ci dovessero essere: insomma ci teniamo che tutto funzioni per il meglio e predisponiamo un’organizzazione capillare per questo. Ovviamente, data l’esiguità economica del budget, il sostegno agli artisti è su base volontaria. Attingiamo per questo agli allievi della scuola della Compagnia e a quanti gravitano intorno all’associazione Carichi Sospesi.
Ci sono differenze tra le produzioni di teatro di strada italiane e quelle straniere?
Molte. Ogni paese ha le proprie caratteristiche, una tradizione anche di scuola che lo rende forte in specifici linguaggi. La Francia ad esempio ha una forte tradizione circense, mentre i paesi dell’Est hanno un’ottima padronanza del teatro di figura, l’Inghilterra ha una forte tradizione di danza acrobatica. Questo per quanto riguarda gli artisti. Ma se allarghiamo la visuale e pensiamo anche all’organizzazione degli eventi e dei festival le differenze diventano macroscopiche. Rispetto all’Italia i cartelloni vengono fatti con largo anticipo, gli enti pubblici hanno maggiore sensibilità nei confronti del mondo dell’arte in genere, c’è maggiore rispetto verso gli artisti e i festival stessi sono in grado di fare produzioni di spettacoli, cosa che qui raramente ci possiamo permettere.
Come sta oggi il festival di strada?
Male per la questione economica. Ma la qualità tiene, non si è abbassata.
Come sintetizzeresti il teatro di strada con una definizione?
Direi che il teatro di strada è il vero teatro popolare, che arriva al pubblico con meno filtri possibili.
Tra spettacoli e performance
OTTO IL BASSOTTO
Piacevole spettacolo di clownerie quello di Otto il bassotto, che arriva per stupire i bambini con un enorme triciclo.
Centrato sulla capacità d’improvvisazione con il pubblico, quello seduto tra le prime file, ma anche quello che passa lontano per via o che casualmente si affaccia alla finestra, l’attore intreccia dialoghi e costruisce relazioni.
Durante lo spettacolo l’attore si diverte a prendere e prendersi in giro, giocando con la propria faccia che diventa “gommosa” , si trasforma e si gonfia, anticipando il numero che rende particolare questa esibizione: la creazione, dopo tanti palloncini colorati di diversa forma e colore, di un pallone gigante capace di contenerlo. Un po’ alla volta l’attore entra nel pallone dal foro d’ingresso dell’aria, finchè ne viene completamente risucchiato. Dal suo interno lo anima e il pallone rimbalza prima che l’attore riemerga alla luce tra gli applausi generali.
Mi fermo con l’artista per porgli qualche domanda.
Quanti anni è che fai l’artista di strada?
Sono circa 10 anni ma non ho solo questo spettacolo. Collaboro anche con la Compagnia “I 4 elementi” e con “el bechin” di Vicenza.
Riesci a mantenerti con questo lavoro?
Si, ma solo perchè mi chiamano spesso all’estero. In Italia sta diventando sempre più difficile andare a cachet. A volte vado a cappello ma in certi comuni è vietato, per ordinanza del sindaco, come a Roma. Per fortuna esistono altri comuni, come Milano, che lo permettono in quanto aderenti a “comuni amici degli artisti di strada”.
Quali sono le maggiori difficoltà che incontri?
I continui spostamenti, la pesantezza della strada da percorrere.
DOLLY BOMBA
“Brainstorming- Teste nella tempesta” è il titolo di questo spettacolo trasformista di Dolly Bomba, 2° classificato Carichi di Strada 2012 .
In scena un unico attore che si diverte a dare corpo e voce a un susseguirsi di personaggi noti, maschili e femminili, miss Italia compresa, dei quali ruba la mimica e la gestualità.
Veloci cambi d’abito, capaci di suscitare l’ilarità del pubblico, grazie anche alla mutevolezza dell’espressione facciale: un’interpretazione dei personaggi in chiave surreale, più tesa ad accentuarne le caratteristiche che a renderne una copia fedele.
Il pregio dello spettacolo è proprio questo: la creazione di un’atmosfera di follia nella quale i divi, da Superman a Elvis Presley, vengono ridicolizzati senza snaturarne l’essenza, il limite quello di puntare più su un effetto d’impatto a sorpresa, secondo una sequenzialità apparentemente casuale, senza un filo conduttore o una tessitura che ne sostanzi i personaggi. L’effetto che ne deriva è comico: un teatro d’immagine che si richiama più al cartone animato o alla marionetta che all’attore nella propria fisicità e complessità.
Comunque lo spettacolo colpisce il pubblico. I cambi repentini ad effetto lo rendono originale, mobile e ironicamente divertente.
CIRCO PITANGA
Spettacolare l’esibizione della coppia del Circo Pitanga che, oltre ad avere eseguito numeri di acrobatica di notevole complessità, che richiedevano una perfetta padronanza del corpo nella distribuzione degli equilibri ed un affiatamento derivante da un indubbio lungo allenamento, ha saputo dosare le sfumature interpretative di una storia d’amore.
L’aspetto più teatrale dello spettacolo è emerso nel racconto e nella evoluzione di un incontro d’amore raccontato nelle sue diverse fasi: dallo studio reciproco all’innamoramento, dall’approfondimento della conoscenza fino al”lasciarsi andare all’altro”, la minaccia di un abbandono, la solitudine, la presenza di una lettera capace di gettare ombre nel presente, il gioco capace di creare intimità con l’altro. In un continuo alternarsi di pause espressive e di slanci fisico emotivi la coppia ha sempre tenuto desta l’attenzione del pubblico, in una danza di emozioni altalenante tra la tristezza, lo stupore, la gioia e la serenità ritrovata, passando dal piano dello spazio scenico alle vertiginose altezze dei numeri acrobatici.
In chiusura hanno rivelato di essere in viaggio di nozze.
COMPAGNIA DROMOSOFISTA
“ Historieta de un abrazo” è il titolo dell’esibizione di una coppia argentina, raccontata in modo minimalista con l’aiuto di pochi oggetti e il ritmo di una fisarmonica suonata dal vivo.
Di grande efficacia l’espressività mimica facciale dei due attori che con delicata sensibilità e semplicità hanno raccontato l’incontro amoroso in alcune sequenze. Lo spettacolo si sarebbe anche potuto intitolare “appunti di viaggio”. Le brevi drammaturgie, affascinanti per la precisione tecnica e l’originalità dell’animazione dei disegni, di una sirenetta, di un cuore, di una marionetta e di un pupazzo, hanno rivelato la cura sia nella costruzione che nella capacità di dare vita ai personaggi del teatro di figura. Una produzione poetica e di forte impatto estetico, che ha sottolineato la matrice culturale “animistica” di questo paese, le cui produzioni teatrali sono spesso arricchite da pupazzi e oggetti animati tipici del teatro di figura.
BARABAO TEATRO
Di notevole spessore l’unica piece teatrale in programma durante le tre giornate del Festival di strada di Caorle, allestita in piazza su di un palcoscenico montato per l’occasione e capace di catalizzare l’attenzione del folto pubblico, che ha potuto assistere ad una rappresentazione tanto essenziale e “povera” nella messa in scena, quanto complessa e ricca nella recitazione e nei contenuti.
La trama riprende situazioni, temi e personaggi della mitologia e si sofferma sulla figura di Ercole, ma anche indaga i conflitti, le passioni e le debolezze degli dei dell’Olimpo, primo tra tutti Zeus che, invaghitosi di Alcmena, e approfittando dell’assenza del marito Anfitrione, passa con lei tre notti sotto mentite spoglie, ingravidandola e suscitando la gelosia di Hera.
Da qui comincia la storia del nascituro di nome Ercole, destinato a grandi future imprese.
La riduzione del testo, rielaborazione libera di testi mitologici ad opera della Compagnia, apprezzabile per la sua capacità comunicativa, nonostante i colti riferimenti di cui il mondo mitologico è pieno, è apparsa particolarmente interessante per almeno due aspetti: diventa di per sé veicolo di cultura negli affreschi ben delineati del racconto e approfondisce tematiche di costante attualità come il significato della parola “libertà”, evocatrice di vincoli e di desideri, punto nodale di precari equilibri , interrogandosi se sia più comodo fare gli schiavi ed “eseguire,” senza il fardello della responsabilità di pensare e decidere.
La regia di Matteo Destro invece balza agli occhi per la scelta di una messa in scena corale, poliedrica, di canti, suoni e recitazione, in cui i bravi attori Mirko Trevisan, Romina Ranzato, Ivan Di Noia e Cristina Catto Ranzato si alternano con grande padronanza tecnica nei diversi linguaggi. Allo stesso modo la forza comunicativa dei costumi di Manola Talato e le scene e gli oggetti essenziali di Francesco di Noia rendono lo spazio scenico/contenitore altrettanto versatile e trasformabile, più facilmente percorribile nel tempo oltre che in uno spazio continuamente reinventato.
Ma la vera qualità dello spettacolo sta nella costruzione delle bellissime maschere indossate, per buona parte dello spettacolo, dai quattro protagonisti, ad opera sempre di Matteo Destro, e nel loro magistrale utilizzo da parte degli attori.
Lo spettacolo dal titolo “ Aspettando Ercole– La ridiculosa historia di una nascita. Opera ingegnosa, arguta e di meraviglioso piacere che d’amor, destini e d’eroi tratta e non può che non porger diletto” è stato accompagnato dalle musiche di Francesco Basso.
Emanuela Dal Pozzo