Complesso e non diversamente riducibile per l’intersecarsi di fili necessari, geograficamente lontani ma saldamente uniti nel tempo presente, lo spettacolo “L’albero”, in scena nella Chiesa di San Bartolomeo di Albino dal 5 al 9 novembre 2018, per la regia di Eugenio Barba, interpretato dagli attori dell‘Odin Teatret: Luis Alonzo, Parvathy Baul, I Wayan Bawa, Kai Bredholt, Roberta Carreri, Elena Floris, Donald Kitt, Carolina Pizarro, Fausto Pro, Iben Nagel Rasmussen, Julia Varley.
Un concentrato di nefandezze umane ( lo spettacolo è vietato ai minori di 12 anni) che tocca diverse parti del mondo, dalla Siria alla Liberia, dalla Serbia alla Nigeria, in cui l’uomo si allena all’esercizio della crudeltà, anche attraverso la preghiera, prendendo in particolare di mira i bambini cui insegna a tagliare la testa ad altri bambini.
Il filo conduttore dello spettacolo sembra essere l’albero secolare che troneggia in centro scena, inizialmente morto, cui si cerca di dare vita per richiamare gli uccelli improvisamente scomparsi.
Intorno all’albero si agitano gli attori, tutti con il naso rosso da clown, il naso della verità: i monaci che chiamano gli uccelli, i bambini soldato con i propri addestratori, una madre disperata che tiene in braccio la testa della propria figlia, la figlia di un poeta che sogna di volare via con il padre mentre il quadro drammatico d ‘insieme viene commentato con musiche suonate dal vivo, canti e parole da due narratori.
Un signore della guerra europeo afferma di volere ricordare quanto successo durante il periodo di pulizia etnica.
Poi il telo bianco che sovrasta la scena cade e le teste dei cento spettatori, fatti sedere in doppia fila lungo tutto lo spazio scenico riemergono da fenditure: forse siamo tutti coinvolti e nessuno è solo spettatore, forse è un monito di ciò che potrebbe accadere anche a noi.
L’albero viene rivestito di pere e gli uccelli ritornano, poi l’albero della Storia si piega sotto il peso della frutta e gli uccelli che volano sopra la testa degli spettatori trovano una casa.
I narratori si chiedono se noi abbiamo capito, prima che gli attori si dissolvano nel nulla.
Nessuna presentazione finale a reclamare applausi che non dovrebbero sostituire il profondo senso di disagio e necessità di riflessione di ciascuno di fronte a qualcosa di più che una rappresentazione dal sapore antropologico e storico, piuttosto la condivisione di un’esperienza amara e collettiva di forte impatto, sottolineata dalla scelta del luogo ( peraltro non così facilmente raggiungibile, tra le valli di Bergamo e che quindi richiede una precisa determinazione nell’esserci) e dall’esiguo numero di persone consentito per ogni replica.
Lo spettacolo, ultimo lavoro dell’Odin Teater, terzo capitolo della “trilogia sugli Innocenti”dedicato a Inger Landsted, e ospite dell’Associazione Culturale Diaforà, è una produzione Nordish Teaterlaboratorium, Grotowski Institute e Wroclaw Capitale Europea della Cultura 2016, Teatro Nazionale di Budapest
Visto il 5 novembre 2018
Emanuela Dal Pozzo