FALSTAFF E IL SUO SERVO AL TEATRO NUOVO DI VERONA. RECENSIONE.

 

foto di Tommaso Le Pera

foto di Tommaso Le Pera

Falstaff compare in ben tre opere di Shakespeare: nelle “Allegre comari di Windsor” quale principale protagonista, in “Enrico IV” e in “Enrico V” con presenza attiva o evocata di contorno. Nicola Fano e Antonio Calenda, ripercorrendone le vicende attraverso i tre lavori, ne ripropongono la figura in “Falstaff e il suo servo”: una sorta di libero centone scritto a quattro mani e prodotto dal Centro Teatrale Bresciano, Teatro de gli Incamminati e Teatro Stabile d’Abruzzo per la regia dello stesso Calenda, nel quale il Nostro viene affiancato da uno strano servo bigotto e serioso che, assurto al ruolo di coprotagonista/antagonista, ne vorrebbe condizionare, nell’ottica dell’eterno duello tra Volontà e Destino, l’esuberante energia di vita.

Il copione, dal linguaggio moderno e asciutto, è ben confezionato nella sua sintesi, narrativamente chiaro e drammaturgicamente incisivo. Iconograficamente, inoltre, dà vita a una inedita nuova strana coppia che, nelle corpose rotondità di Falstaff contrapposte allo smilzo e affilato servo, riecheggia, a fisicità invertite, un’altra celeberrima accoppiata, cavallerescamente blasonata e di iberici natali.

foto di Tommaso Le Pera

foto di Tommaso Le Pera

Resterà, invece, un mistero (almeno per gli spettatori della prima serata, il 10 di dicembre, al Teatro Nuovo di Verona, dove sarà in cartellone fino al 15 del mese e dove lo abbiamo visto) ciò che gli autori fanno dire a Falstaff dopo la sua morte: parole emesse in un inudibile sussurro provocando in sala una perentoria — quanto inascoltata e seccamente zittita dallo stesso attore — richiesta di “Voce” da parte del pubblico.

I due protagonisti/antagonisti hanno la voce e la presenza scenica di due validi attori quali Franco Branciaroli (Falstaff) e Massimo De Francovich (il servo), che fanno vivere i rispettivi personaggi con attoralità pregevole anche se non proprio carismatica quanto ci saremmo aspettati; caratterizzata da un certo distacco nonostante le apprezzabili sfumature di contenuta nostalgia e rimpianto del tempo andato nel godereccio Falstaff, e di inquietanti accenti nell’ambiguo servo.

foto di Tommaso Le Pera

foto di Tommaso Le Pera

La regia conduce con buon ritmo, ammiccando alla commedia musicale e all’avanspettacolo (c’è pure un omaggio vocale e gestuale all’inarrivabile mitico Totò), ma anche al teatro delle ombre, ai giochi di silhouette e al proto cinema; con piacevoli inserti coreutici e di canti e suoni, eseguiti dal vivo dai giovani spigliati attori, egualmente a proprio agio in vari ruoli plurimi.

Valentina Violo è Mrs. Page e Prostituta, Valentina D’Andrea Mrs. Ford e Ostessa; Alessio Esposito veste i panni di Mr. Page e di Bardolfo, Matteo Baronchelli quelli di Mr. Ford e di Francis.

Per le scene e i costumi, Laura Giannisi abbina a contrasto variopinti costumi d’epoca a una scena spoglia, connotata da pochi elementi chiave – un baule/tavolo/scrivania, un cavallo di legno, un piano inclinato pure di legno, una luna piena – evocando atmosfere shakespeariane e astratte a un tempo.

Di effetto le luci di Cesare Agoni.

Visto il 10 dicembre

Franca Barbuggiani

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