Una serata difficile quella che accoglieva la seconda recita de ” La forza del destino” al Teatro Regio di Parma, infatti a causa dello sciopero generale regionale indetto dal sindacato Cgil, al quale aderivano alcuni lavoratori della Fondazione, una parte consistente dei macchinisti del teatro decideva di incrociare le braccia impedendo la realizzazione scenica dello spettacolo che si è dunque svolto in forma di concerto . A parte le indubbie ragioni dei lavoratori resta il fatto che un gesto simile, specie in una città appena colpita dall’esondazione del torrente Baganza e dunque in seria difficoltà, fa sorgere davvero la domanda su come s’intenda (ed il discorso riguarda tutti e a tutti i livelli anche perchè le proteste non sorgono quasi mai completamente dal nulla) oggi il lavorare in teatro e per il teatro anche perchè questo, quale punto d’incontro sociale e culturale ( ovunque, ma a Parma per tradizione e storia ancor più che altrove) dovrebbe essere più che mai simbolo di forza e compattezza . Giusti dunque i fischi all’annuncio dello sciopero e giusti non perchè rivolti all’una o all’altra delle maestranze ma perchè metaforicamente rivolti al sistema teatrale sempre più concentrato su interessi individuali di questa o quella parte che sul proprio messaggio etico ed artistico ed il rapporto col pubblico che , se non impostato su rispetto e chiarezza , può spesso portare e prevedibili conseguenze . Detto ciò veniamo allo spettacolo .
La partitura verdiana richiede vocalità importanti nelle cinque parti principali ed un ruolo di carattere che non ha nulla a che spartire con il comprimariato ma che vive di una parola scenica totale e dominante ed il cast sulla carta sembrava sulla carta molto interessante .
Roberto Aronica possiede il timbro e la giusta vocalità per affrontare il temibile ruolo di Don Alvaro , la sua voce è di bel colore e, pur con qualche durezza di troppo nel registro acuto, tratteggia il suo personaggio con professionalità e correttezza . Un maggior lavoro sul fraseggio potrebbe però giovare alla sua vocalità che, troppo preoccupata e tesa tecnicamente, a volte perde di vista il personaggio dimenticando che , soprattutto in Verdi , una giusta attenzione a parola ed accento può far superare una recita con maggior completezza ed armonia .
Virginia Tola è artista che sa cantare con gusto .
La sua vocalità , in crescita anche se ancora un po’ caratterizzata a tratti da una certa imprecisione nel registro acuto , si segnala per bellezza del timbro ed attenzione a fraseggio ed accento che, unitamente ad una attenta sensibilità espressiva, la fanno felicemente tratteggiare il non facile ruolo di Leonora .
Luca Salsi, impegnato nel ruolo di Don Carlo, conferma la bellezza del suo timbro anche se una maggior attenzione allo stile del personaggio e soprattutto ad un’emissione che spesso lo porta ad aprire un pò troppo il suono potrebbe portarlo certamente a risultati di maggior pregio e valore sia espressivo che vocale .
Michele Pertusi, pur utilizzando con estrema intelligenza il suo strumento non risultava perfettamente a suo agio nel ruolo del Padre Guardiano nel quale è necessaria una vocalità con diverse caratteristiche .
Interessante il timbro della Preziosilla sfoggiato dal giovane mezzosoprano Chiara Amarù mentre davvero ottimo per giusta e teatrale vocalità il Fra Melitone di Roberto De Candia .
Completavano il cast Andrea Giovannini (Mastro Trabuco), Simon Lim (il Marchese di Calatrava), Raffaella Lupinacci (Curra), Daniele Cusari (un alcade) e Gianluca Monti (un chirurgo).
Il giovane M° Jader Bignamini, alla guida della Filarmonica Arturo Toscanini, dava una lettura molta nervosa e drammatica della partitura così come coinvolgente e precisa, dunque apprezzabile .
Un Teatro Regio sufficientemente gremito nonostante alluvione e scioperi confermava la fedeltà del pubblico, soddisfatto e plaudente, al proprio Teatro e ciò, di questi tempi , non è poca cosa.
Parma, 16/10/2014
SILVIA CAMPANA